Facebook ha spento 20 candeline. La piattaforma è andata on-line per la prima volta il 4 febbraio 2004, da allora ha suscitato sempre pareri contrastanti circa il suo utilizzo e, soprattutto, rispetto agli effetti su chi utilizza il social quotidianamente per diffondere qualsiasi tipo di informazione, o frammenti di informazioni, soprattutto di carattere privato.
di Rossana Rizzitelli
I social sono fortemente condizionanti e offrono un tempo di analisi di un evento molto limitato, perché il processo di comprensione, che dovrebbe essere autonomo e personale, è subito contaminato dalla necessità di approvazione degli altri partecipanti.
In una società in cui gli individui sembravano prima connessi fra loro tramite cavi elettrici e dopo interdipendenti grazie al Wi-Fi, l’individuo social continua a provare l’ansia di essere sempre a disposizione degli altri e sottoposto al loro giudizio, perciò cerca conferma delle proprie idee attraverso il responso comune.
L’identità individuale e sociale è infatti un processo costante di evoluzione attraverso l’incontro con l’altro, con il quale è necessario confrontarsi, motivo per cui il social resta fondamentale per l’impatto psicologico e sociale degli utenti, ma non è da sottovalutare anche il suo impatto geopolitico.
Visto inizialmente solo sotto una luce positiva, cioè come agente di cambiamento nelle mani di giovani tecnologicamente istruiti e capaci di gestire consapevolmente le informazioni che diffondevano con serenità e soddisfazione, nel 2016 Facebook diventava strumentale nell’alimentare la disinformazione e la polarizzazione dell’opinione pubblica che contribuirono all’elezione di Trump e alla Brexit.
Nel 2018 era ormai noto che i dati personali degli utenti Facebook venivano utilizzati senza consenso e illegalmente per propaganda politica, alimentando il motto di Zuckerberg “Companies over countries”, a dimostrazione che chi voleva condizionare le vicende mondane non doveva necessariamente intraprendere una carriera politica, ma creare una società privata che avesse la capacità di influenzare la politica.
Ultimamente sembra emergere in certi ambienti il rischio di considerare sempre di più la famiglia Meta, costituita da Facebook, Instagram e WhatsApp, quasi un caso del passato, poiché i giovani che ne avevano decretato il successo non lo frequentano più da anni. Lo considerano ormai un territorio da boomer e fortemente limitato per la loro voglia di esprimersi e per la loro esigenza di immediatezza, perché non vogliono essere soggetti a sforzi particolari per l’acquisizione e la diffusione di informazioni. Una nuova apertura c’è verso Viber, WeChat e piattaforme per creator, come YouTube e TikTok, che portano all’estremo la trasformazione da social network a social media.
Nell’epoca della smaterializzazione e della richiesta immediata di informazioni su eventi vicini e lontani, Facebook resta comunque una potenza. Con oltre 3 miliardi di utenti attivi, pari al 37% della popolazione globale, resta il social media più usato al mondo, che però ricorda quanto sia importante mettere sempre in discussione il percorso dell’acquisizione di informazioni e conoscenze personali con quello altrui, perché la conoscenza è un fatto prima di tutto individuale, proprio di un individuo capace di gestire la continua pressione di un occhio collettivo che giudica e cerca di indirizzarlo.
Tag: consenso, Facebook, immediatezza, informazioni, smaterializzazione Last modified: Marzo 26, 2024